Una stagione di lavoro in Val di Sole alla ricerca di un’esperienza autentica, di un contatto con la natura e di una crescita personale lontano dalla folla. La storia di Giorgia e Annalisa, malgare per passione nella solitudine dei pascoli
Peio (TN) 3 luglio 2023 – L’estate in malga. Non a ricevere e ad accogliere turisti e camminatori ma a curare e mungere 71 vacche. È la scelta di Giorgia Orlandi, 21 anni, e Annalisa Comini, 26, che passeranno sicuramente una stagione diversa dai loro coetanei. L’amore per la montagna e gli animali come unici compagni per l’estate. E poi chissà, perché escludere un seguito?
C’è un’umanità capace di vivere in simbiosi con la natura, persone capaci non solo di rispettare l’ambiente in cui si trovano ma anche di prendersi cura degli animali che questo ambiente lo vivono e lo impreziosiscono. Le vacche, appunto, che la gente chiama spesso impropriamente “mucche”, termine che da queste parti, tra i pascoli e il mondo rurale, strappa un sorriso bonario e un po’ compassionevole. Le vacche, sì, che con i loro ritmi disciplinano l’agenda quotidiana dei pastori. Fin dall’alba.
“Le mie giornate iniziano alle sei di mattina”, spiega Annalisa. “Per prima cosa aiuto a caricare il latte, poi pulisco la cisterna e preparo la sala per la mungitura. È faticoso, certo, non è semplice radunare e tenere insieme gli animali ma questa esperienza ti regala sempre emozioni nuove. La mia speranza? Migliorare le competenze che possiedo e acquisirne di nuove”.
È tempo di una pausa, si mangia, ci si ferma un momento. Poi, al pomeriggio, si riparte e si lavora fino al momento della cena, della convivialità e del riposo. Uno schema che si ripete, giorno dopo giorno. Sullo sfondo la natura, i pascoli, la vita vera, verrebbe da dire. Ma anche un elemento tutt’altro che trascurabile, un convitato che accompagna il tempo, il lavoro e le pause: la solitudine.
Una condizione che spaventa, soprattutto nel mondo contemporaneo. Eppure, qui sulle montagne, l’isolamento è anche una risorsa. “Stare da soli significa imparare a stare con te stessa, tirare fuori i tuoi pensieri e alla fine giocare con loro”, sottolinea Giorgia. “Ti ritrovi in un ambiente grande che a un certo punto, quando lo conosci, diventa piccolo. Questa esperienza è una crescita personale, devi imparare ad andare d’accordo con chi lavora insieme a te e con gli animali: le vacche sono esseri sensibili, con loro occorre sviluppare un contatto. Solo così puoi ottenere delle ‘risposte’, solo così puoi convincerle a spostarsi facendo meno fatica”.
È così, insomma, che nasce un’esperienza vera, autentica. Un modo per assecondare passioni e desideri che sanno crescere nell’animo di chi ha manifestato precocemente un’affinità speciale con la natura. Giorgia, padre biologo e fratello veterinario, ha trascorso parte dell’infanzia nell’Appennino modenese, un’esperienza che non ha mai dimenticato. Annalisa ha dedicato agli animali i suoi studi e oggi vede il suo futuro tra i pascoli della sua valle, la Val di Pejo.
Per entrambe, in ogni caso, il presente è fatto di passione e impegno, ingredienti fondamentali di un mondo stranamente e piacevolmente sospeso. Onnipresente nella vita di tutti noi, per dire, la tecnologia, assume qui un ruolo marginale. Ed è proprio in questa disconnessione, spiegano, che si manifesta l’autenticità dello spazio, del lavoro e del tempo. “In questi mesi siamo prevalentemente sconnessi”, spiega Giorgia. “Il telefono è qualcosa che ti porta in un’altra realtà, qui invece sei costretta a vivere il presente, il che è positivo: occorre pensare a ciò che si fa, essere concentrate”.
Un’esperienza da consigliare, verrebbe da dire. “Essere qui significa vivere l’emozione dello stare all’aria aperta, di sviluppare un contatto con la natura e con gli animali”, afferma Annalisa. “Suggerirei a tutti i giovani che amano la montagna di provare tutto questo almeno una volta nella vita”.
Le difficoltà, certo, non mancano. Gestire una mandria non è semplice. Ma dove non arriva l’esperienza interviene soprattutto la passione. La prima, ovviamente, si forma nel tempo. La seconda, invece, è qualcosa di innato. Lo conferma Paolo Cazzuffi, allevatore, che questo lavoro lo svolge da anni. “Per fare il malgaro devi avere una passione enorme”, spiega. “Fare l’allevatore è un sacrificio che dura per 365 giorni all’anno, mattina, pomeriggio, sera. Ma è un sacrificio che si fa volentieri”.
Il risultato, ovviamente, è tangibile: “Gli animali che stanno all’aria aperta vivono meglio, si nutrono meglio con erba e fiori e danno un latte migliore”, sottolinea Paolo. È così, insomma, che nasce un prodotto, fatto di cultura, sapori e qualità, che trova nei prodotti tipici la sua migliore espressione. E che, soprattutto, contribuisce a mantenere intatta quella specificità rurale che rende la Val di Sole con le sue vallate laterali una meta irrinunciabile per molti visitatori alla ricerca di esperienze gratificanti. Non diversamente, in fondo, da chi turista non è. Come Giorgia e Annalisa.